Come diventare nomade digitale

Il mare blu, la sabbia dorata, un tavolino all’ombra di un ombrellone, un computer portatile ed una bella bibita ghiacciata (ancora meglio un mojito!). Questa è l’immagine che mi si presenta davanti agli occhi quando penso alla figura del nomade digitale. Un lavoro, o meglio, uno stile di vita già ambito in passato e diventato ancora più popolare dopo la pandemia mondiale.

Come ho provato a diventare una nomade digitale

Nomade digitale al lavoro – Foto di Matthias Zeitler da Pixabay

Ho sempre avuto un’anima vagabonda, rifuggendo una vita da lavoratrice dipendente e gettandomi anima e corpo in tutte le nuove esperienze che mi si sono presentate nel corso degli anni. In qualsiasi angolo di Italia, d’Europa e del mondo.

Se mi segui da un po’, ricorderai che ad ottobre del 2018 ho deciso di chiudere la mia attività ricettiva in Andalusia per prendermi un anno sabbatico. All’epoca avevo un lungo programma di viaggio che però non si è mai realizzato, o meglio, che è stato largamente rivisto in seguito alla scoperta di essere incinta prima e alla nascita del mio bambino poi. Non posso dire che nel mio anno sabbatico siano mancati i viaggi, ma non è stato proprio come l’avevo pensato.

Così, a due anni di distanza, con un bimbo più grande e un marito che continua a seguirmi nelle mie follie, ho ricominciato a ripensare alla possibilità di vivere per un anno da nomade digitale.

Il primo passo, considerati i tempi che corrono, è stato quello di sottoscrivere un’ assicurazione viaggio annuale in grado di proteggere tutta la famiglia da eventuali imprevisti, soprattutto quelli legati alla sfera della salute. Una volta messa al sicuro la famiglia giramondo, mi sono organizzata con il lavoro legato alle mie due case vacanze che affitto a Nerja, vicino a Malaga. Io mi occupo a distanza delle prenotazioni e della comunicazione con i clienti, mentre sul posto ho una persona di fiducia che pensa alle pulizie e all’accoglienza dei clienti. In questo modo, posso dedicarmi a questa attività e alle altre mie passioni legate al mondo del blogging da qualsiasi parte del mondo.

Le mie destinazioni preferite dove vivere da nomade digitale

Una volta sistemate le questioni pratiche (e più noiose!) è iniziata la parte per me più divertente: la scelta delle destinazioni dove vivere come nomade digitale.

I requisiti (assolutamente personali) per scegliere le località dove trascorrere un anno da nomade digitale sono stati i seguenti:

  • Il costo della vita in termini di affitto e di prezzo del cibo
  • La vivibilità del luogo in termini di sicurezza e di servizi a disposizione per i bambini
  • Il clima che, a mio avviso, dev’essere caldo ma non troppo
  • I requisiti sanitari per entrare nella destinazione e per viverci un periodo (non solo relativamente al Covid, ma anche per le vaccinazioni o profilassi richieste)

Mi è bastato leggere un articolo dedicato a cosa vedere in Messico per capire il perché questa destinazione sia tra le più popolari tra i nomadi digitali. Così non ho avuto dubbi: la mia avventura sarebbe iniziata proprio da lì, per proseguire poi in un altro paradiso per nomadi digitali: le Isole Canarie. Infine, siccome il primo amore non si scorda mai, l’ultimo periodo da nomade digitale lo avrei passato in Thailandia tra la vivacità e il buon cibo di Chang Mai e le spiagge di Krabi.

Tra dire e il fare, dove è andata a finire la mia vita di nomade digitale?

La risposta a questa domanda si nasconde dietro ad una porta di hotel. Ma non uno degli hotel che avevo già selezionato per questa mia avventura da nomade digitale.

Proprio mentre stavo definendo il piano dei voli, impegnata a studiare le tratte più economiche ma allo stesso tempo anche relativamente veloci, è accaduto il fattaccio. No, considerato quanto successo l’ultima volta con l’anno sabbatico, mettiamo subito le cose in chiaro: non è arrivata una seconda gravidanza. Bensì è arrivata un’occasione lavorativa che ho sognato fin dai tempi dell’università: gestire una struttura ricettiva in Italia.

Se dodici anni fa per realizzare il sogno di diventare un’imprenditrice del settore ricettivo ho dovuto lasciare l’Italia e trasferirmi in Andalusia, ora questa possibilità si presenta a casa mia, in un contesto competitivo e stimolante come Roma. Essendo io una persona che ama le sfide, avrei potuto dire di no? Tutt’altro: ho messo in uso tutta la flessibilità di cui dispongo e dalla prospettiva stuzzicante di una vita da nomade digitale sono passata ad una prospettiva (folle a detta di molti!) di un rientro in Italia con annessa nuova avventura imprenditoriale. Se non sono propensa al rischio io, chi lo è?!?

2 commenti

  1. Che bello ritrovarti, Raffaella! Sarà un piacere leggere di nuovo i tuoi post qui sul blog. In effetti da quando avevi lasciato la Spagna mi ero un po’ persa i tuoi spostamenti, quindi non sapevo di Roma. Ti faccio i complimenti, innanzitutto per il coraggio che serve ogni volta per cambiare vita, e per aver realizzato il tuo sogno di gestire una struttura ricettiva in Italia.

    1. Grazie di cuore Silvia! C’è chi lo chiama coraggio e chi follia. Vedremo! 😉

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